Star FK Radium - “Blue Siberia”

Dobbiamo riconoscerlo: la globalizzazione ha i suoi risvolti buffi e positivi. Chi avrebbe mai pensato che una band americana avrebbe spedito in Europa un album che di americano non ha nulla e che, anzi, suona così europeo da risultare splendidamente datato?

Rock da camera? Un folk dalla vivace vena progressiva? Tutto e niente. "Blue Siberia" degli Star FK Radium, da Washington DC, segue dei canoni ben precisi ma lo fa con un approccio saldamente ancorato al presente, a un'estetica che guarda al repertorio classico attraverso una lente pop, a una visione moderna (e non modernizzata) di quell'indole malinconica tipica della musica europea di fine XIX secolo. La deriva romantica è evidente e alla lunga forse tinge il lavoro di una vena talmente nostalgica da lasciare che la musica si impigrisca nei facili territori di una malinconia ai quali l'album sembra arrendersi.

La parte principale la recita il violino di Alissa Taylor e il suo contributo è determinante: leggero nell'incedere ma pesante nella presenza. Lo strumento assume connotati quasi "vocali", di solista tra i solisti, facendosi portavoce di una linea melodica certamente mai banale ma quasi esclusivamente tendente al "minore".
Il poco tempo che la band ha avuto a disposizione in studio depone sicuramente a favore di un album che, forse anche per questo motivo, non soffre di sovraccarichi e leziosismi fini a se stessi ma che, al contrario, pur tradendo un'impostazione tradizionalista, ha dalla sua un'asciuttezza ruvida tipica delle produzioni più propriamente rock.

Pensi a un gruppo americano, a un violino, alla chitarra acustica e alla batteria e la mente porta in territori folk, alla musica americana (intesa come sotto-genere del folk e non come provenienza geografica) e nel peggiore dei casi al country. Con gli Star FK Radium il sillogismo dura lo spazio di poche note (la title track, "Speedbike", ad esempio) e la musica si protrae in territori che restano "di mezzo": troppo di qua per essere rock, troppo di là per essere folk e troppo poco strutturata per essere classica.
Il risultato è un ottimo album, ma non tale da lanciare il trio americano nei contesti che gli sarebbero ben più congeniali. Qualcuno ha detto che la loro musica è "come assistere a una sonata mentre viene dipinta su un album di rock acustico"; mentre forse è più un Matisse a cui Warhol ha fatto un dispetto invertendogli i colori. Facendo benissimo.

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