Alex Maguire Sextet - “Brewed In Belgium”
Lo si può definire (e lo si è fatto da più parti) “sperimentalismo lirico” o, più semplicemente, “la naturale continuazione del jazz maggiormente libero ed acido da Cecyl Taylor ad oggi”. Catalogare Alex Maguire è facile e allo stesso tempo impossibile.
Se da una parte, infatti, manca quasi del tutto l'eclettismo di Elton Dean, dall'altra è innegabile come il movimento decentrato della sua musica sia del tutto peculiare ed estraneo alle correnti americane (Chick Corea e Keith Jarrett su tutti) ma anche a quelle europee da cui attinge l'anarchismo attraverso il capostipite di tutto ciò che è, appunto, a-schematismo e apparente mancanza di disciplina: John Cage.
La band che accompagna Maguire sono i belgi Wrong Object e dunque non ci deve sorprendere se questo “Brewed In Belgium” è oggettivamente da considerare un mezzo capolavoro. Il loro “Stories From The Shed” (uscito sempre per Moonjune) ha infatti spiazzato i critici, donando nuovo respiro alle costruzioni di Mingus e all'avanguardia come la si dovrebbe intendere.
Intelligenza e passione fanno a gara tra le righe del 9/4 di “John's Fragment” lì dove il sax tenore di Robin Verheyehn costruisce un percorso alla cui fine accoglie la tromba di Jean-Paul Estivienart e l'organo sottilmente grave e incombente di Laurent Delchambre. Non c'è traccia di compiacimento, di stanchezza o furba presunzione se è vero che la seguente “Saturn” attinge al pensiero libero del Coltrane di “Sun Ship” e di Ornette Coleman.
La Scuola di Canterbury e il suo prog-jazz affiorano con decisione in “Theresa's Dress” e “Pumpkin Soup”, mentre l'album termina col tributo a Elton Dean e ai Soft Machine. “Seven For Lee” è infatti un'affermazione, una frase che stabilisce i termini di paragone entro cui si muove la musica e la fantasia creativa di Alex Maguire che può realmente aspirare a entrare nell'Olimpo dei Grandi da cui provengono i suoi maestri.
C'è bisogno di avanguardia nella musica e ce ne sarà sempre bisogno. Il problema è distinguere il talento dal caos dell'astrattismo fine a se stesso. Ma metti una sera in un club di Rijkevorsel, l'improvvisazione, la tecnica, la fisica di un pensiero che inizia a vibrare finendo tra le note, l'intrigo di fiati e corde, la metrica libera, lo stupore che si fa suono...